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Voglio premettere che sono un vostro costante ascoltatore, e come tale mi bevo ogni vostra puntata. Fin da quando eravate in radio.
Detto questo, devo però manifestarvi un piccolo dissenso su una piccola cosa che avete sostenuto nell’ultimo podcast, ma anche in qualcuno dei precedenti.
Mi riferisco al conto corrente che non sarebbe un investimento ma un solo servizio.
Non discuto che non sia un servizio: lo è; e per quel servizio, a seconda della banca che me lo offre, pago canone, prelievi, bonifici, bancomat, commissioni varie, eccetera. Vero che non può essere visto come investimento; però non deve neanche essere visto come “ disinvestimento” o investimento al negativo … Ovvero io pago i servizi ma la banca coi miei soldi qualche cosa poi ci fa, e se anche non fa, comunque riceve interessi interessanti. Quindi è giusto che almeno non mi penalizzi con un impoverimento da inflazione. Io pago i servizi, ma dovrei poter mantenere il valore di quanto prestato.
Non mi spiego pertanto, su questo, la vostra posizione.
Cordiali saluti
Valerio
Il conto corrente è un servizio. Che piaccia o no, e lo dice anche lei.
Perché la banca possa trarne un vantaggio reale (se no può prendere tassi overnight da BCE) occorre che i soldi siano vincolati in modo che la banca possa prestare senza l’assillo che il giorno dopo io faccio un altro investimento e svuoto conto corrente.
Ecco perché il conto corrente non è remunerato, se non in modo molto piccolo e per avere tassi interessanti occorre fare cifre vincolate.
La stortura italiana deriva dai tempi della inflazione al 18% dove la gente ricorda che prendeva il 5% di interesse, ma i conti sono presto fatti.
Il conto, essendo un servizio, deve, come idea, avere i soldi che servono a breve per le spese correnti.
Poi capisco che sparare sulle banche è super popolare e hanno sempre torto, secondo il comune sentire.