5 thoughts on “Risparmio e inflazione: la commedia degli inganni –  S4E27”

  1. Caro Giannino, Scienza gioca sulle ali del populismo. Non sa nulla di previdenza complementare altrimenti saprebbe che per i fondi contrattuali si porta a casa la quota azienda : nel complesso molto di più che con il TFR! Invitate Raffaele Bruni per spiegarlo bene!

  2. Buongiorno, sono un vostro assiduo ascoltatore e sono rimasto stupito dalla vostra scelta di invitare (e dunque di implicitamente accreditare) il prof. Beppe Scienza.
    Innanzitutto rilevo una grave contraddizione: passate il tempo a criticare (giustamente) l’investimento in titoli di stato italiani (ed il surreale battage pubblicitario che li circonda) e poi invitate una persona che quale investimento principe propone, appunto, titoli di stato, soprattutto italiani, e libretti postali presentati quale investimento con poco rischio ed alto rendimento.
    In secondo luogo, mi pare che, al di là della scelta, che trovo incomprensibile, di inviare l’ospite, ne abbiate tradito in gran parte il pensiero, ponendo l’accento sulla critica, sin troppo facile, che egli ha svolto circa il livello della stampa finanziaria italiana e i palesi conflitti di interessi che affliggono intermediari e promotori (ma il discorso può ben estendersi al livello generale dell’informazione e dell’opinione pubblica nazionale), astenendovi invece (per pudore?) di sottolinearne i punti salienti e caratterizzanti del suo pensiero, e cioè la promozione dell’investimento in titoli di Stato e la denuncia dei “lati oscuri” dell’investimento in ETF.
    Al riguardo, pur avendo rilevato l’understatement con il quale il prof. Maffé ha trattato l’ospite, mi piacerebbe che il prof. Maffé commentasse anche le affermazioni che si leggono su sito del prof. Scienza, come le seguenti (tratte da https://www.ilrisparmiotradito.it/post/strumenti-finanziari-il-lato-oscuro-degli-etf), relative al “lato oscuro” degli ETF:
    a) “Assenza di garanzie. Un risparmiatore alla ricerca di sicurezza può comprare direttamente emissioni di uno o più Stati affidabili oppure prendere un apposito Etf. Non è la stessa cosa, perché così dà un calcio alle garanzie contrattualmente previste dagli emittenti”
    b) “Tutela del risparmio. Negli scenari peggiori gli svantaggi degli Etf sono ancora più gravi. Sia nel crac dell’Alitalia che in quelli bancari del 2015 e 2017 i piccoli risparmiatori sono stati tutelati, più o meno bene, con rimborsi o indennizzi. Così non è stato, se essi possedevano i medesimi titoli tramite fondi comuni. Tutto fa ritenere che sarà così con gli Etf nell’aborrita eventualità di un default dell’Italia”;
    c) “Duplicazione di costi. Il colmo è che molti consulenti finanziari cosiddetti indipendenti consigliano soprattutto Etf o anche altri fondi, anziché obbligazioni, azioni ecc. Subappaltano cioè ad altri la scelta dei titoli, automatica o discrezionale che sia”.
    Infine, trovo che, per essere coerenti con la vostra scelta di invitare il prof. Scienza, nell’ambito di una puntata da voi presentata come “di servizio”, dovreste invitare anche un altro cattedratico, di pari livello (e forse anche della stessa area politico-culturale), quale il prof. avv. Giuseppe Conte, al fine di illustrarci i benefici effetti sull’economia nazionale e sull’aumento del PIL del superbonus da lui ideato.
    Dopo il difensore dei risparmiatori non può mancare l’avvocato del popolo….
    Con stima (forse un po’ intaccata dopo l’ultima puntata)

  3. Devo muovere un appunto al commento che nel podcast fa Carlo Alberto (con immutata stima, ovviamente…). Quando si sottolinea il rischio di default dell’emittente “Italia”, e lo si confronta “laicamente” con quello di qualunque altro Stato e/o emittente privato di titoli di debito (alto o basso che sia questo rischio), non dobbiamo scordarci del Passaporto e del Codice Fiscale che abbiamo in tasca. Se questa particolare emittente tra migliaia fallisce, o ci va vicina, c’e’ una piccola ma fondamentale differenza… ossia che i proprietari dell’emittente, in quanto cittadini italiani, siamo noi.
    E saremo chiamati collettivamente a risponderne e/o farci qualcosa, sia che vada in default sia – molto piu’ probabilmente – che ci vada vicino e si debba intervenire prima che sia troppo tardi.
    Non per farne un discorso di “oro alla patria”, ma credo, molto semplicemente, che aumentare la percentuale di debito pubblico in mano ai cittadini possa portare a stabilizzare meglio le fluttuazioni del valore di tale debito (il cittadino compra e vende questi titoli molto meno di frequente di un investitore istituzionale), a tutto vantaggio della sua sostenibilità (l’aumento dello spread, e quindi in sostanza il costo del debito, dipende anche da questa volatilità).
    Poi il discorso si allargherebbe sul perche’ individualmente ci si debba “sacrificare” (posto che sacrificio sia) nell’acquistare questo debito, se tanto ci pensano gli altri (posto che ci pensino, naturalmente). Pero’ qui rientriamo nel discorso di una scelta individuale che, se fatta da una percentuale la piu’ ampia possibile dei cittadini, comporta un beneficio collettivo indubbio – o quantomeno molto probabile.
    Osservo poi che proprio negli ultimi anni, in un altro ambito che e’ facile indovinare, messi di fronte al medesimo dilemma morale, siamo corsi quasi tutti (spronati da un battage martellante ed invero alla fine, nella sostanza, costretti) a fare la scelta individuale “di sacrificio”, per un beneficio collettivo che si e’ dimostrato, alla prova dei fatti, assai risicato se non nullo.
    Qua il beneficio collettivo mi sembra assai piu’ certo e consistente.

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