2 thoughts on “GIL GAL E PAL, attenzione che va MAL  – S3E48”

  1. Cari Oscar, Renato e Carlo Alberto,

    Innanzitutto vi ringrazio per il podcast che mi regala degli spunti di discussione e interesse che prima non avevo.

    Io sono un Italiano emigrato in Germania in quanto rifiuto umano del nostro sistema paese con un tessuto industriale che ha bisogno in media di periti e con un’opinione pubblica che vuole solo laureati.
    Lavoro in una media azienda ad alto valore aggiunto che produce strumenti di misura spettrometrica per superfici (applicazione in campo di semiconduttori e energy storage).

    Il livello di istruzione medio in questa azienda va dalla laurea magistrale al PhD (perlopiù in fisica, chimica e scienza dei materiali).
    Mi sono trovato a discutere con i miei colleghi di produzione primaria di energia e di come la corsa all’elettrificazione dell’autotrasporto o del riscaldamento domestico o di processi industriali sia inesorabilmente velleitaria se più del 60% della produzione di energia elettrica (dati Fraunhofer Institut) deriva da fonti emittenti.

    Io sono a favore del nucleare di terza generazione (EPR attuali francesi o koreani) per vari motivi e sono completamente isolato nella discussione. La stragrande maggioranza pensa che il nucleare civile sia una tecnologia da abbandonare.

    Dal punto di vista scientifico non serve nemmeno discutere, se dismetti centrali nucleari, sul breve termine, andrai a lignite(neanche carbone) e gas.
    Dal punto di vista politico, secondo me, non c’è verso di razionalizzare questa paura tedesca di perseguire, anche in una logica di cooperazione, un qualsiasi tipo di autonomia (in questo caso energetica). Paura che deriva dalla loro (e pietosamente anche nostra) storia recente.

    Per gioco io vi invito a cercare su googleMaps la cittadina di Jülich a ovest di Colonia e usare la vista satellitare. Quei crateri grandi come la città di colonia (1.5 milioni di abitanti) sono miniere di legnite..ma se chiedi a tedeschi anche molto istruiti le scorie da centrale nucleare non trovano spazio per lo stoccaggio.

    Concordo con Oscar. La politica è l’antitesi dell’accademia anche se il tuo campione di riferimento è composto da persone con formazione accademica. Mettigli in mano un telecomando ed una scheda elettorale e voteranno partiti che propugnano tesi antiscientifiche e che mettono in atto il suicidio economico del proprio paese che vive di trasformazione di prodotti tramite ENERGIA per antonomasia.

    Un saluto e ancora un sincero ringraziamento.

    Michele Bastianello

  2. Condivido la mia esperienza da emigrato, laurea, settore marketing.
    Vivo in Olanda da 7 anni dopo un paio di brevi e traumatiche parentesi in aziende (anche famose) in Italia.
    Senza pretesa di rappresentare nessuno, ne’ arroganza vi elenco quali sono i punti (in parte elencati da Renato) per far si’ che io e molti dei miei amici e conoscente nella stessa condizione possiamo prendere in considerazione il ritorno in Italia:

    1) Stipendio: commisurato al costo della vita, se parliamo di Milano, un ruolo manageriale a non meno di 60-70mila Euro lordi annui. Mi sono stati offerti solo una volta, altrimenti nei vari colloqui che ho avuto negli anni la conversazione e’ stata sempre “eh ma qui siamo in Italia, al massimo possiamo darti la meta’ di quanto guadagni adesso”. Calcolando che Milano non e’ piu’ economica dell’Olanda e in piu’ mi obbligherebbe a comprare e mantenere un’automobile, siamo proprio a un netto peggioramento delle condizioni economiche.

    2) Condizioni di lavoro: conosco persone che lavorano in italia in uffici costretti a timbrare cartellini, e spesso loro sono i fortunati. La prima cosa che chiedo quando vengo contattato da head hunter italiani e’ se ci si aspetta che io lavori oltre l’orario lavorativo tutti i giorni, cosa da me sperimentata nelle mie esperienza lavorative in Italia, e un tragico costume italiano. Per me INACCETABILE (da leggere con il tono di Oscar).
    Sulla possibilita’ di lavoro da remoto 2-3 giorni alla settimana non penso serva aggiungere molto.

    3) Crescita: in tutte le aziende estere in cui ho lavorato viene discusso un piano di crescita in base alle opportunita’ e alle mie aspirazioni, oltre che un aumento dello stipendio annuale automatico basato sulle performance. In Italia una nota cantina vinicola anni fa mi scarto’ (legittimamente) dopo l’ultimo colloquio, dopo aver chiesto lumi sullo sviluppo della carriera nell’azienda.

    4) Gerarchie e cultura: nei molti ruoli che ho ricoperto ho sempre avuto esposizione a management di alto livello sia formale che informale, ho avuto modo di partecipare alle decisioni dei miei team e ho sempre ricevuto rispetto e riconoscimento per le mie idee e la possibilita’ di portare avanti in autonomia i miei progetti. In Italia ricordo ancora nitidamente la figura un po’ fantozziana del Direttore che arrivava con l’auto aziendale nel parcheggio riservato tra le riverenze dei presenti per poi ricevere in udienza nel suo ufficio i fortunati (o sfortunati) sottoposti

    Concludo qui la lista, sperando che renda bene l’idea del fatto che l’ipotesi del rientro del capitale umano dall’estero e’ economica ma non solo, come giustamente affermava Renato. Il concetto di base e’ che la retribuzione Italiana non e’ tanto figlia di margini ridotti o cunei fiscali eccessivi (per quanto lo siano in termini assoluti forse, non lo sono in termini relativi con l’Olanda dove vivo adesso) quanto della concezione che si ha culturalmente del lavoratore dipendente, del suo valore e del ruolo che deve ricoprire all’interno di un’azienda.

    Vi abbraccio e vi ringrazio.
    Gianni

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