MPS: o dei banditi che fanno i virtuosi. Servirebbe un freno al falò di nostri soldi, ma non ci spero neanche un po’

Da quando MPS è al 70% del Tesoro, cioè da 4 anni, si è capito subito che i governi di diverso colore avrebbero fatto più dell’impossibile per stiracchiare le regole UE e rinviarne la cessione. Perché una cessione seguendo procedure di mercato non avrebbe mai potuto esentare dall’obbligo di risanare per intero la banca, rafforzandone in maniera impeccabile la patrimonializzazione; compiere la cessione della montagna di NPL a prezzi anch’essi di mercato, e non con la logica di favore tutta italiana per cui nacque il mito illusorio di Atlante che annunciava di riprezzare l’intero mercato di NPL italici; rivederne perimetro, occupati e redditività, per consentire allo storico istituto di stare davvero saldamente sui suoi piedi e non di reggersi grazie ad aiuti di Stato.

Bene, ora ci siamo, e lo sport che non ammetteranno mai alle Olimpiadi perché se no l’oro lo vinceremmo sempre noi, cioè quello del calcio alla lattina per rinviare i problemi all’incerto domani e ad altrui responsabilità, ecco che sembra non più funzionare. In un Paese serio, non dovrebbe funzionare mai. Ma da noi, partiti e sindacati sono campioni mondiali nel far credere che l’essenziale è rinviare ogni misura seria, un domani sicuramente l’Europa e il mondo si arrenderanno alla nostra saggezza: che si consuma – oops – tutta alle spalle del contribuente italiano.

Non è neanche il caso di enumerare qui ancora una volta tecnicamente storia e perdite per miliardi delle follie compiute a Siena: da Banca del Salento ad Antonveneta, da My Way a 4You, i Tremonti Bond e i Monti Bond attraverso cui lo Stato mette piede nell’azionariato, Alexandria e Santorini (la cui esistenza per Bankitalia ufficialmente restò sconosciuta, e dico ufficialmente perché ho da anni qualche elemento diretto che, fin dalla “scoperta” poi degli originali in una cassaforte prima sconosciuta. mi ha invece indotto a pensare che a via Nazionale non si fece tutto il necessario: tema molto scottante su cui vige il silenzio dell’attuale vertice di Bankit rispetto a quello di allora…), e poi ancora la dubbia iscrizione in bilancio dei derivati conseguenti anche negli anni successivi che ha portato a processo Viola e Profumo… questione sulla quale sono oggi indagati gli stessi magistrati che ne hanno indagato…e il no a tutte le fusioni senza aiuti di Stato proposte fin dall’inizio degli anni Duemila da parte di San Paolo IMI prima che fosse preso da Intesa, dal Santander, poi da BBVA….

Tutte decisioni assunte dalla politica: dalla Fondazione MPS che sfidando i criteri della riforma Amato era rimasta solidamente al controllo della banca sfidando la politica a rimetterla in riga, e vincendo la sfida perché nessuno osò farlo. Una Fondazione che per sette ottavi era di politici e amministratori della filiera che dal PCI ha portato al pd odierno, visto che erano indicati da Comune e Provincia di Siena e regione Toscana. Una Fondazione che negli ultimi anni ha perso il controllo a favore dello Stato sol perché le ricapitalizzazioni successive da 6 anni a questa parte hanno visto i soci della Fondazione stessa assolutamente non più in grado di investire, abituati com’erano solo a spartirsene gli utili.

E via via, dopo la scandalosa opportunità offerta 5 anni fa a Intesa di prendersi le popolari venete forte di alcuni miliardi di avviamento garantito dallo Stato, e con la scelta diretta di far cherry picking di tutte le attività redditizie e diritto di retrocederle ex post allo Stato in caso di sorprese negative, ecco che da allora la grande speranza diffusa è stata quella che per MPS si potesse fare ancora di più: continuare ad addossarne l’intero risanamento finanziario allo Stato ma ovviamente SENZA decisioni di reale discontinuità operativa su perimetro e occupati, garantirne la sopravvivenza come banca a sé, e condizionare a questi due paletti, il giorno in cui proprio bisognasse cederla, a qualcuno che rispettasse le due condizioni aggiungendo al vantaggio della prima anche una seconda bella dote costituita da qualche miliardo di crediti fiscali pronti a trasformarsi in capitale aggiuntivo, per pareggiare e sopravanzare gli effetti negativi dell’acquisizione senese sul capitale dell’acquirente. Già, perché anche gli incentivoni fiscali per via DTA portano le firme degli ultimi governi italiani, senza distinzione di colore politico delle diverse alleanze che li sostenevano.

Ed eccoci al dunque. Orcel, da alcuni mesi alla guida di Unicredit, per mesi ripete che MPS non interessa. Gioca bene la sua partita: sa che a questo punto lo Stato non può più uscire facilmente dalla scadenza europea troppe volte prorogata di cedere Siena, e dal progressivo andare in scadenza anche del termine previsto per beneficiare degli incentivoni fiscali via DTA… Ergo improvvisamente l’interesse per MPs appare: ma vincolato a condizioni ancora più estese di quelle viste a favore di Intesa sulle venete. Nessun effetto negativo dall’acquisizione senese deve venire agli indici di capitale di Unicredit (ergo, se non bastano le DTA, lo Stato dovrà metter mano al portafoglio per pareggiare), nessun peggioramento dell’utile per azione, nessun rischio da crediti deteriorati di Siena deve essere carico di Unicredit, né il rischio dichiarato oggi in bilancio da Siena né quello emergente dopo l’acquisizione, nessun contenzioso senese deve essere assunto in capo a Unicredit. E, quanto al personale, Unicredit si riserva di decidere quanto tenerne, visto che la fusione eventuale non interesserebbe l’intero perimetro della banca: il resto è carico della bad bank di Stato che ovviamente si formerà. Condizioni per cui, alla fine degli interventi dal 2008 e di quelli successivi nelle ricapitalizzazioni e delle perdite di gestione e di capitale, il costo spannometrico a carico del contribuente italiano arriverebbe più vicino ai 20 miliardi di euro che ai 15.

Si grida alo scandalo, ovviamente: Orcel crede di prenderci per fessi. E invece no: la sua proposta è un’evoluzione fondata sui precedenti già voluti dalla politica, pur di non avviare a risoluzione secondo regole UE NESSUNA banca italiana. E a quel punto la politica – in primis il Pd – punta le armi contro il MEF e Draghi: non potete neanche pensare di fare una cosa di questo genere pur di cedere la banca a Unicredit. E’ la via spiegata a lettere chiare da Landini: dopo i miliardi pubblici spesi per MPS, è follia non continuare a spenderne e accettare la logica dello spezzatino con risanamento a carico invece dello Stato.

Ci son o tutte le premesse per un nuovo pastrocchio. Io ormai mi avvio alla vecchiezza. E sono stufo di commentare vicende che vanno in tutt’altra direzione rispetto non dico più alla ragionevolezza, ma alla dignità degli italiani. Il Pd che finge di non avere le responsabilità storiche di un’intera parabola pluridecennale che ha portato la banca al predefault anni fa, in un Paese serio sarebbe stato costretto a un vero autodafé. Vedo che non è così neanche con Enrico Letta. L’orgia inutile di toscanità e senesità da preservare, ve le lascio tutta. Vorrei sperare che Draghi e il ministro Franco terranno duro: ma non ci spero neanche un po’, perché la linea dei pastrocchi bancari ha una vastissima coalizione a suo supporto, dai banchieri e loro azionisti che ne beneficiano, alla vasta canea “la linea dell’Europa non deve passare”, a tanti giornaloni compiacenti. Una linea che anche Bankitalia ha sostenuto negli anni alle nostre spalle. E che ha partorito e sta partorendo nuovi mostri in nome di una presunta “stabilità finanziaria”: che con queste vicende non c’entra un bel nulla. Leggeremo di scuro nuovi strampalati pezzi su Deutsche Bank e su Landesbanken salvate dallo Stato in Germania. Ma vi dirò che comunque non mi sembra un bel principio affermare “se altri fanno porcate, allora le facciamo anche noi”. Mi spiace, io guardo solo ai miliardi del contribuente bruciati in questi falò, e non provo neanche una briciola di orgoglio per questo. Anzi, mi fa solo schifo.

6 thoughts on “MPS: o dei banditi che fanno i virtuosi. Servirebbe un freno al falò di nostri soldi, ma non ci spero neanche un po’”

  1. Una sola integrazione: a capo della Fondazione c’era un nominato dalla curia, il don Abbondio di San Gimignano, Gabriello Mancini.
    Per dare armonia al groviglio

  2. 20 mld qui altre decine là (Alitalia), altri x mld altrove (tipo Ilva? o altro). Gira e volta arriviamo quasi al tot del Recovery Fund… Ergo ce lo saremmo potuti fare in casa o quasi senza sobbarcarsi il debito extra.

  3. II governo dovrebbe sopratutto imparare ad avere rispetto del denaro del contribuente, e i giornalisti a dire la verità.

  4. Finche la stampa e i media non scriveranno, ed illustreranno in dettagli con numeri alla mano i vari scandali che da decenni stanno bruciando i miliardi di noi contribuenti non vedo nessun cambiamento di rotta..Draghi (e Non) incluso..Mario

  5. Oscar, da aretino, si sapeva da tempo che MPS era una miniera a cielo piena di tritolo e tutti potevano vedere la bomba. Stesso discorso per la mia città. Con buona pace dei senesi ma la loro vacca grassa da mungere fa solo panna acida. Tipico italiano… tutti sanno, nessuno fa.

Rispondi a Marco Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *