AI in UE – crimine sociale – E32

Centootto pagine di proposta di regolamento sulla intelligenza artificiale, definizioni “aperte” che causano incertezza, controlli preventivi e conformità sancite da organismi esterni.

L’ennesima dimostrazione di una Unione Europea tecnofobica e iperregolamentata che fa esplodere il business dei consulenti?
Una forma di protezione per gli insider?

I cavalieri erranti con Ignazio Rocco, fondatore e CEO di Credimi.

https://omny.fm/shows/don-chisciotte/ai-in-ue-crimine-sociale

Dati

La proposta di regolamento pubblicata

9 thoughts on “AI in UE – crimine sociale – E32”

  1. Buongiorno, vi seguo da tempo con piacere ed attenzione. Condivido l’analisi che è stata fatta sulla proposta di Regolamento Europeo sull’AI. Trovo peraltro profondamente discutibile l’ipotesi per cui la proposta sia ispirata/sostenuta dal ceto bancario tradizionale (che per definizione è “cattivo”). Evidenzio che nel corso degli ultimi 20 anni una serie di provvedimenti normativi (europei e nazionali) è intervenuta per liberalizzare il settore e la conseguenza diretta è stata l’eliminazione ex lege di una fetta importante di ricavi (si è intervenuti anche sulle tariffe e sui prezzi praticati) per le aziende di credito. A mio avviso la proposta, che non mi pare coerente con l’atteggiamento complessivo del legislatore europeo nei confronti del mercato digitale (vd. regolamento eIDAS, ed inziaziative Fintech ed Euro digitale), è la derivata del Regolamento sulla protezione dei dati. Se siamo convinti che dai dati è possibile estrarre valore sarebbe stato meglio un approccio più coraggioso che preveda il trattamento libero ma “responsabile” e quindi non basato sulla base di un consenso informato. Servirebbero solo disclosures rigorose e facoltà di opt out. Nel caso in cui il soggetto che effettua il trattamento violi le regole le sanzioni dovrebbero essere severe (non soldi ma esclusione dal mercato). Ovviamente in questa prospettiva servirebbe una riconfigurazione delle Autorità che non dovrebbero fare priority check ma interventi sul campo in tempo reale. Cordialità

  2. Minuto 37

    “Queste persone [giovani intelligenti] stanno diventando sempre di più antieuropee e anche antistato in generale. […] Sono colpito e spaventato da quanti giovani intelligenti vedo abbracciare sempre di più teorie anarcoliberatarie, idee quasi violente contro lo stato, alimentate dal fatto che in particolare in Unione Europea ogni volta lo stato si fa avanti è per proporre cose simili.”

    Cioè, prima mettiamo su un baraccone stile URSS, poi ci stupiamo che sanno solo tassare, regolare e normare e cadiamo dal pero…

    Come se non fosse scontato che finiva così.

  3. Buongiorno, ho da poco sottoscritto un PIR, convinto con questo di sostenere le PMI italiane con i miei risparmi “parcheggiati”. Mi interessano i motivi del giudizio “I PIR non hanno funzionato”. Grazie, sempre molto stimolanti!

  4. Confesso che me la sto ridendo alla grossa. Noi agricoltori, per evidenti ragioni storiche, abbiamo avuto a che fare con la dimensione sovranazionale europea molto prima di tante altre categorie economiche e sociali. Ecco, accanto all’aspetto strettamente economico certamente preponderante (mercato unico, quote, sussidi, ecc. ecc.), nel corso degli anni in seno al (delirante) sviluppo regolatorio comunitario si è consolidata una filosofia che ha condizionato profondamente lo stesso atteggiamento culturale con il quale l’agricoltore europeo dovrebbe approcciarsi al proprio mestiere. La svolta, senza dubbio, si ebbe nel ’97 con il trattato di Amsterdam che per le questioni ambientali accolse nel proprio ordinamento il famigerato “principio di precauzione”, una puttanata logica del tutto avulsa dal destino che qualsiasi entità, vivente o inanimata, deve fare i conti ogni giorno in questo Universo. Fu così che pochi anni dopo, nell’affrontare la possibile introduzione nel nostro mestiere di una innovazione tecnologica straordinaria come quella degli OGM, il “sistema” ebbe la meglio nell’imporci il veto, dando soddisfazione a quelle sub-culture luddiste, reazionarie, antimoderniste ed anticapitaliste – del tutto trasversali – che hanno così successo tra le menti semplici cresciute a pane e socialismo, di destra e di sinistra.
    Erano in pochi quelli che a quel tempo lottarono per un diritto apparentemente banale e che ai più può sembrare ridicolo, marginale, insignificante: la “libertà di semina”. Ricordo in primis Giorgio Fidenato e quelli di Futuragra. E poi Roberto Defez, Dario Bressanini, Gilberto Corbellini e pochi altri. Ognuno a modo suo, ognuno secondo le proprie competenze e le proprie convinzioni. Non era un movimento organizzato e gli interessi economici per ciascuno di loro erano modesti se non del tutto nulli. Io vi partecipai marginalmente, con i miei modestissimi strumenti intellettuali, impegnandomi intensamente (spesso anche sgangheratamente) sui social. Stiamo parlando di ormai una quindicina di anni fa.
    Dicevamo, dunque, che i protagonisti di quella lotta per la libertà di semina vennero sconfitti. Eravamo soli. Del resto cosa vuoi rompersi le balle per il diritto per pochi sfigati di scegliere una stupida semenza quando la ciccia vera della nostra vita, del nostro futuro è fatta di industria, acciaio, automotive, grande finanza, aerospazio, informescion tecnologi? Eppure a noi sembrava di non essere così fuori dal mondo. Qualcosa ci diceva che la nostra lotta non era banale e che la nostra sconfitta avrebbe sancito l’inizio del consolidamento di quella cultura antiscientifica ed antiprogressista che poi negli anni seguenti si è dispiegata nella sua devastante essenza. In ogni aspetto della nostra vita di abitanti del Vecchio Continente: dal no al nucleare (cara Mutti, qui hai fatto danni enormi), alla xilella, passando per tantissimi sconcertanti episodi tutti accomunati dall’ignoranza scientifica e dall’incapacità di valutare ed affrontare il rischio.
    Fino ad arrivare ai giorni nostri, in cui tra pandemia ed arretratezza tecnologica, l’Unione Europea dimostra di non essere assolutamente in grado di stare al passo dei competitor più evoluti. Il caso dei vaccini è meraviglioso. Ritardi inaccettabili nelle procedure di autorizzazione (c’era stato tutto il tempo per adeguare le procedure). Caos, titubanze, incoerenze di fronte a presunti e rarissimi casi di effetti collaterali. Ecco, dunque, che negli anni quello stramaledetto principio di precauzione si è diffuso ed incancrenito nella mentalità delle istituzioni e dei cittadini di questa povera Europa, con conseguenze pesantissime e costosissime. A questo punto, una classe dirigente con quella impostazione come poteva atteggiarsi di fronte all’ennesima innovazione tecnologica che si affaccia all’orizzonte come appunto l’AI? Con un atteggiamento difensivo, chiusurista, estremamente prudenziale, ovvio.
    Ebbene, io me la rido. Perché sapevo dove si andava a parare. E voi, dove eravate quindici anni fa?

    1. Non posso certo fargliene colpa: ma sono sempre stato a fianco di Giorgio Fidenato invitandolo in trasmissione molte volte per parlare della sua battaglia sulla radio del Sole, come molte volte ce ne siamo occupati all’Istituto Bruno Leoni se fa anche solo una minima ricerca sul sito: e come sa la restrizione della norma ITA anche alla ricerca e alla coltivazione in campo è MOLTO più cogente della norma UE, ergo stavo dalla parte di Fidenato e dalla sua stessa che molto gentilmente ci ha scritto rivolgendoci la domanda, giustissima, alla quale come vede rispondo

    2. Non posso certo fargliene colpa, del non saperlo, e fa bene a chiedercelo: ma sono sempre stato a fianco di Giorgio Fidenato invitandolo in trasmissione molte volte per parlare della sua battaglia sulla radio del Sole, come molte volte ce ne siamo occupati all’Istituto Bruno Leoni se fa anche solo una minima ricerca sul sito: e come sa la restrizione della norma ITA anche alla ricerca e alla coltivazione in campo è MOLTO più cogente della norma UE, ergo stavo dalla parte di Fidenato e dalla sua stessa che molto gentilmente ci ha scritto rivolgendoci la domanda, giustissima, alla quale come vede rispondo

    3. Innanzitutto grazie per l’attenzione. Essendo stato molto interessato a quelle vicende so perfettamente che Oscar ha più volte avuto modo di dare voce a quelle istanze. Il suo mestiere lo sa fare, lo conosciamo da decenni.
      Il mio “dove eravate?” però, era rivolto ad una platea un po’ più ampia. Quella, insomma, della classe dirigente che potremmo definire “del fare”, quella che in questo paese di fatto tira la carretta: imprenditori, dirigenti, accademici, operatori finanziari, sindacalisti (responsabili), esponenti delle associazioni di categoria, ecc. Aver firmato qualche appello a suo tempo non assolve dalla responsabilità di non aver voluto capire che quell’espisodio apparentemente marginale rappresentava l’inizio di una involuzione culturale che come già detto avrebbe procurato danni enormi all’intero continente.
      Ma ovviamente non sto qui a polemizzare. Diciamo che a questo punto mi limito a stare (ridacchiando amaramente) alla finestra. Sono un euroentusiasta da sempre che però, come è stato osservato nel podcast e da altri commentatori del blog, sta maturando un progressivo scetticismo.
      Non è colpa vostra, naturalmente. Continuo a seguirvi, voi sì con entusiasmo.

  5. Questa é credo la puntata che mi ha parlato di più, dando voce a riflessioni che faccio da un po’. Non lavoro nel fintech, ma nella chimica, un settore fortemente regolato in Europa. Negli ultimi anni la regolazione europea ha giá dato prova di essersi putroppo giá spotata in direzione di decisioni prese su preconcetti non su dati scientifici, e in alcuni casi, ancora peggiori, su dati scientifici parziali e scelti per sostanziare una tesi preconcetta. Ci sono purtroppo numerosi esempi di questo. C’é una pericolosa tendenza a cercare di semplificare delle valutazioni che semplici non sono, e a proibire perché é piú semplice fare una valutazione del rischio seria. Questo anche per il non trascurabile motivo che spesso i regolatori europei e degli stati membri non hanno le comptenze per farlo. Proibire sulla base del pericolo é molto piú semplice che fare analisi dei rischi e valutazioni di impatto.
    Quanto dite sulla proposta di regolazione dell’AI é valido anche per altre nuove politiche in corso di sviluppo in EU, come ad esempio la chemicals strategy for sustainability, parte del green deal. Seguendola molto da vicino, ho notato che la Commissione sta prendendo decisioni sulla base di rischi percepiti (e non dimostrati!), di impact assessment intenzionalmente limitati, con il rischio non riconosciuto di indebolire la competitività dell’industria europea (non solo chimica!) nei confronti del resto del mondo.
    Condivido il commento al minuto 37 sul fatto che questo determini che giovani preparati assumono posizioni sempre piú contrarie all’Europa. Mi ci ritrovo. Senza arrivare ad estremi anti-europei, sono peró sempre piú deluso da questa tendenza e sempre piú convito che questa direzione sia quella sbagliata per l’Europa, se vuole mantenere un certo rilievo politico ed economico in un futuro neanche troppo lontano.

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